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I diritti dei pazienti anziani: il ruolo della giurisprudenza nella longevità

di Leandro Ungaro
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Con Fabio Bottinelli, esperto in diritto e tutela dei pazienti, esploriamo il fondamentale ruolo della giurisprudenza nel garantire una longevità dignitosa e tutelare i diritti degli anziani in ambito sanitario.

 

Avvocato specializzato in Diritto Penale, in Diritto per il riconoscimento e la tutela dell’invalidità e della disabilità e in Diritto di Famiglia, Fabio Bottinelli fornisce una serie di indicazioni legali per vivere un’anzianità più serena.

Avvocato Bottinelli, partiamo con una definizione: chi è l’anziano per il Diritto?

Nel nostro ordinamento giuridico lo status di anziano non è definito. Il concetto ha una valenza meramente sociale ed è pertanto declinato in relazione ai contesti di vita in cui si esprime e opera il soggetto, realizzando così una categoria complessa.

Perché complessa?

L’anziano è il lavoratore, o il pensionato, il soggetto fragile o potenzialmente vulnerabile, il soggetto socialmente attivo e quello che necessita di assistenza continuativa, in ambito domiciliare o in struttura. La moltitudine di soggetti che rientrano nella categoria impedisce opportunamente di individuare un’appartenenza giuridica superiore che risulterebbe inadeguata, perché inevitabilmente creerebbe sacche di emarginazione o di discriminazione.  Il progressivo allungamento della vita media ha imposto, ormai da tempo, la necessità di ripensare all’età senile non solo in termini assistenziali, ma mirando alla valorizzazione e alla promozione dei diritti, della identità, della personalità e della volontà degli anziani.

Cos’è allora la longevità secondo lei e come gestirla a livello giuridico?

La longevità è certo un’opportunità esistenziale, ma non è quel miraggio di felicità offerto dalla pozione magica. Perché è ovvio che se l’anziano vive una condizione di fragilità psicofisica, la longevità è una vera dannazione. Parimenti diviene invivibile una longevità di emarginazione sociale ed economica dell’anziano che pure gode di buona salute.

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Come si può allora intervenire?

È necessario porre l’attenzione sull’anziano in quanto tale, cioè sul soggetto uomo o donna che necessita sia di strumenti assistenziali, sociali e sanitari, da attivare in caso di indebolimento fisico o di contesto familiare, sociale ed economico disagevole, sia di strumenti che invece ne valorizzino l’autonomia decisionale, affettiva, sociale ed economica. Ma ciò a cui si deve ambire è la cosiddetta “senilità attiva”, che l’OMS ha testualmente definito come: «Quel processo volto a garantire opportunità di salute, partecipazione e sicurezza sociale, man mano che le persone invecchiano, al fine di migliorarne la qualità della vita»

Vi sono strumenti giuridici già esistenti che si muovono nella direzione da lei indicata?

I bisogni complessi di cui l’individuo anziano necessita possono distinguersi in due macro categorie: quelli di carattere personale e quelli di ordine patrimoniale.

Dal punto di vista personale si riferisce al contesto familiare?

No, mi riferisco all’anziano in quanto tale. È bene infatti precisare che i figli adulti, contrariamente a quanto comunemente si pensi, non hanno alcun obbligo assistenziale e legale nei confronti dei genitori anziani.

Non esiste quindi l’obbligo di assistere un genitore in difficoltà?

Il dovere di rispettare i genitori previsto dall’art 315-bis c.c. non è un obbligo giuridico, perché non prevede sistemi sanzionatori e manca una norma che obblighi il figlio a prendersi cura del genitore anziano. Esiste solo l’obbligo alimentare per il genitore in stato di bisogno (articolo 433 c.c.) e, se il figlio è convivente, quello di contribuire ai bisogni della famiglia.

Sul piano personale come si riconosce e tutela la figura dell’anziano?

La longevità porta all’estensione nel tempo della vita affettiva e sempre più spesso assistiamo a nuove relazioni affettive tra anziani o con anziani, spesso vittime di pregiudizi di non essere in grado, in ragione dell’età avanzata, di formulare un libero e genuino convincimento. Ma l’anziano, in mancanza di una sentenza interdittiva, mantiene piena e incondizionata titolarità delle capacità matrimoniale e patrimoniale, e quindi di autodeterminazione individuale.

A volte però i matrimoni sono celebrati esclusivamente per convenienza. Possibile che non si possa intervenire?

Il matrimonio per cittadinanza e quello per convenienza economica sono spesso oggetto di ampio e diffuso pregiudizio secondo cui l’anziano, in quanto tale, è ritenuto certamente vittima di circonvenzione. Ma è bene osservare che l’ipotesi di reato previsto dall’art. 643 c.p. ha un’applicazione invero molto limitata, proprio perché l’autodeterminazione del soggetto anziano ha acquisito un valore centrale di valutazione e pertanto laddove non sia rigorosamente dimostrato un danno patrimoniale o personale e uno stato anche transitorio di effettiva e comprovata  incapacità, le scelte operate non sono revocabili. Anche se a volte possono dispiacere agli eredi, la cui aspettativa ereditaria viene talvolta vanificata.

Torniamo alle relazioni famigliari. Se la figura dell’anziano deve essere ripensata come centro di interesse, nel contesto famigliare come si tutela il soggetto?

L’affettività familiare è stata valorizzata, rivalutando quindi la figura dell’anziano, per esempio nella relazione nonni/nipoti, riconoscendo in tempi relativamente recenti da parte della giurisprudenza e del legislatore (art. 371bis c.c.) un vero e proprio diritto tutelabile di frequentazione dei nipoti minorenni da parte dei nonni. È un riconoscimento dell’importanza delle relazioni generazionali e del diritto dell’anziano di partecipare attivamente alla vita di relazione familiare, intesa quest’ultima (in ragione dei mutamenti sociali in atto) nel senso più ampio, comprendente quindi anche i nonni acquisiti e i bisnonni.

E se invece l’anziano non vive in famiglia, come ne viene valorizzata l’autodeterminazione?

La valorizzazione dell’autodeterminazione della persona anziana porta alla sostituzione delle tradizionali logiche di intervento di tipo assistenziale – fondate sul presupposto della capacità di agire – con quelle di tipo collaborativo/inclusivo nelle quali le scelte decisionali dell’anziano ancorché vulnerabile, assumono rilevanza deterministica. Fatta salva, naturalmente, la totale incapacità di intendere e di volere.

Vi sono strumenti giuridici già in atto che garantiscono tale approccio metodologico?

La legge n. 219/2017, articolo 3, comma 1, prevede per esempio il principio del coinvolgimento del paziente nelle scelte sanitarie, anche se incapace d’agire, purché residui una minima attitudine alla comprensione. Nella medesima logica si muovono l’art. 4 sulle disposizioni anticipate di trattamento e il successivo art. 5 sulla condivisione della pianificazione sanitaria, con l’importante e oltremodo significativa possibilità di nominare persone di fiducia atte a ricostruire la volontà dell’anziano e non solo in caso di necessità. Sono disposizioni normative di straordinaria importanza in tema ad esempio di accanimento terapeutico, che tanto ha diviso l’opinione pubblica, anche in tempi recenti.

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Photo: Pexels / Kampus Production

E dal punto di vista pratico, assistenziale, è in atto secondo lei un cambiamento che rivaluti la figura dell’anziano?

La nuova concezione antropologica del diritto, che pone l’uomo al centro dell’intervento normativo porta ad esempio alla valorizzazione e alla tutela anche del soggetto che volontariamente si occupa dell’anziano all’interno del contesto familiare, al fine di garantire la conservazione delle relazioni affettive significative e del luogo di vita abituale. Mi riferisco ai c.d. caregiver per i quali è stato istituito con la citata legge del 2017 il Fondo per il sostegno del titolo di cura e di assistenza.

In questo quadro, rientrano anche le cosiddette Residenze Cohousing?

Certamente! Sono delle strutture di nuova concezione che consentono forme personalizzate di assistenza, risparmio economico, l’interruzione dell’isolamento sociale dell’anziano. Nelle residenze cohousing gli spazi comuni sono condivisi dagli anziani stessi in modo libero, parzialmente autonomo, supervisionato. In alcuni casi si stanno sperimentando anche soluzioni di cohousing generazionale in cui giovani studenti e anziani autonomi, ma socialmente isolati, possono condividere gli stessi spazi abitativi in uno scambio culturale intergenerazionale di sicuro interesse.

La tutela patrimoniale dell’anziano vulnerabile o non come può essere attuata? Ci sono strumenti idonei in tal senso e quali potrebbero essere adottati?

Nell’ambito contrattuale valgono le regole ordinarie inerenti la genuinità del consenso alla conclusione del contratto. Indipendentemente dalla effettiva capacità di agire o dalle regole generali di tutela del consumatore, si può verificare se per debolezza o vulnerabilità l’anziano abbia assunto un impegno che diversamente non avrebbe voluto accollarsi.

Si tratta quindi di considerare l’età e le fragilità che essa può comportare come indice di condizionamento negativo della volontà contrattuale?

Esattamente. L’art. 1435 c.c., in tema di violenza psicologica o morale quale elemento viziante la volontà contrattuale, contempla esattamente l’età e la condizione della persona come indici valutativi.

A volte si assiste a situazioni in cui gli anziani si ritrovano in pochi anni a dilapidare interi patrimoni favorendo donazioni o a beneficiare nei loro testamenti persone estranee al contesto familiare.

Se guardiamo alle donazioni, il problema in realtà è più teorico che concreto. L’atto di donazione è infatti atto pubblico redatto quindi da un notaio che ha il compito primario di testare la capacità volitiva del donante. Qualora si ritenga presente un vizio del consenso, il notaio semplicemente rifiuta la compilazione dell’atto. Più complesso è il problema in tema di testamento olografo, cioè redatto e firmato dallo stesso testatore. Dimostrare che il testamento è stato redatto in presenza di un vizio del consenso e che quindi sia annullabile o radicalmente nullo non è affatto agevole e costituisce, da sempre, un dibattito molto vivace.

La nomina di un amministratore di sostegno che conduca l’amministrato alla redazione consapevole delle proprie ultime volontà può costituire un prezioso ambito protettivo dell’autodeterminazione dell’anziano fragile.

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Leandro Ungaro

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